Le parole sono importanti su l’Unità
Oggi Roberto Carnero intervista Gianluca Giansante per l’Unità. I temi affrontati spaziano dalla comunicazione del segretario del Pd Bersani a quella della Lega, passando per Renzi, Berlusconi e Futuro e Libertà. E svelando il funzionamento di un piccolo ma efficace strumento della comunicazione.
Di seguito puoi leggere il testo
“Il prossimo segretario del Pd? Un ventenne linguisticamente parlando”.
Roberto Carnero
robbicar@libero.it
Come comunicano i politici italiani? Sono in grado di farsi capire dalla gente oppure no? Qual è il grado di efficacia dei loro messaggi? A queste e ad altre domande prova a rispondere Gianluca Giansante nel volume Le parole sono importanti. I politici italiani alla prova della comunicazione (Carocci, pagine 174, euro 15,00). L’autore è un giovane studioso che svolge attività di ricerca presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana e il Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale dell’Università “La Sapienza” di Roma.
Il testo è ricco di stimoli e conduce il lettore alla scoperta del funzionamento di una serie di strumenti che consentono di aumentare l’efficacia dei propri discorsi, cioè di rendere i messaggi politici più facili da comprendere e da ricordare e, soprattutto, più convincenti.
Uno di questi è la metafora, come scrive Giansante “un’arma potentissima e, come tutti gli strumenti del genere, a doppio taglio: non sapendola maneggiare, ci si può far male”. Un caso eloquente è quello dell’espressione scudo fiscale. “Con questa etichetta si designa un provvedimento che, per gli esponenti del centrosinistra, non è altro che un ordinario condono.
L’espressione scudo fiscale, tuttavia non viene scelta a caso. Lo scudo è un elemento positivo, un oggetto che ci protegge dal nemico, una parola che evoca battaglie mitiche di eroi sul cavallo bianco contro draghi, orchi, mostri di ogni sorta. In questo caso il nemico, è evidente, sono le tasse. La misura della maggioranza non è uno scudo in senso letterale, si tratta evidentemente di una metafora, con un effetto ben preciso”, quello di ammantare la misura di un alone positivo, occultando la sua natura reale. È quindi un’espressione che i politici di centrosinistra farebbero bene a non usare.
Dottor Giansante, nel complesso i politici italiani sanno comunicare?
“In generale direi di sì, tuttavia bisogna fare una distinzione. Non esiste una capacità di comunicare in assoluto, ma una corrispondenza con il contesto comunicativo. In altre parole, alcuni politici sono più adatti al contesto attuale di competizione elettorale, in cui bisogna persuadere l’elettorato. Altri invece mostrano uno stile di comunicazione più legato al contesto ‘ideologico’, quando essere bravi significava venire apprezzati da persone che già condividevano le loro idee, cioè, dagli elettori tradizionali del loro partito”.
Quali sono i più bravi? Quelli del centrodestra o quelli del centrosinistra?
“Non c’è una differenza fra centrodestra e centrosinistra, ma fra quelli nati politicamente prima del crollo del Muro e quelli che invece hanno mosso i primi passi dopo i primi anni ’90, quando una serie di cambiamenti aveva rivoluzionato lo scenario politico. Questi ultimi sono più capaci di costruire consenso nel contesto attuale: penso a Di Pietro, agli esponenti della Lega, a Grillo e, ovviamente, a Berlusconi”.
Quali consigli darebbe ai politici del centrosinistra per quanto riguarda la comunicazione?
“Alcuni esponenti del centrosinistra parlano in maniera a tratti ostica. Credo quindi che innanzitutto bisognerebbe tornare a parlare un linguaggio più semplice, comprensibile anche da chi non abbia avuto la fortuna di poter studiare. Solo quando si fa capire da tutti un partito può dirsi veramente ‘democratico’. La semplicità tuttavia non è facile: c’è bisogno di studio e attenzione per rendere comprensibili concetti complessi senza banalizzarli. In questo senso può essere importante inserire il linguaggio fra gli argomenti di cui si parla nelle scuole di politica”.
Che cosa pensa del linguaggio immaginifico e metaforico di Bersani?
“Il segretario del Pd è consapevole che le metafore possono essere di grande aiuto per rendere più comprensibile il discorso politico. Questo mi sembra un ottimo punto di partenza, tuttavia la metafora è uno strumento molto più potente per le sue implicazioni di tipo cognitivo. In questo senso, e per usare una similitudine, è come se Bersani guidasse una fuoriserie senza ingranare la quinta. In altre parole, c’è ancora un buon margine di miglioramento”.
Secondo lei, chi potrebbe essere un buon leader del centrosinistra quanto a capacità comunicativa?
“Fra i personaggi di rilievo nazionale, Vendola è capace di performance uniche dal vivo, ma in televisione finora non ha dato il meglio di sé. Renzi sembra apportare delle novità, ma talvolta la sua rappresentazione mediatica lo vincola a modalità di comunicazione che lo chiudono in un terreno ideologico e quindi limitato. A meno di evoluzioni e cambi di passo, credo che il prossimo leader di centrosinistra capace di suscitare una grande ondata di entusiasmo tra gli elettori sia un ragazzo che oggi ha venti o trent’anni”.
In cosa consiste l’efficacia comunicativa di Berlusconi?
“Innanzitutto nel riconoscimento del peso che la comunicazione può avere nella costruzione del consenso elettorale. Quindi nell’attitudine a costruire un messaggio che sia progettato sulle esigenze di chi ascolta, cioè che possa essere facilmente compreso, memorizzato e che abbia caratteristiche tali da persuadere l’uditorio. Questo effetto viene realizzato con un attento utilizzo della metafora, della narrazione e della ripetizione. In questo modo Berlusconi è in grado di costruire un messaggio capace di convincere non solo l’elettorato di centrodestra, ma anche i cosiddetti ‘indecisi’, cioè le centinaia di migliaia di persone che non hanno un partito di riferimento”.
E quella della Lega Nord?
“Il suo linguaggio viene tradizionalmente considerato rozzo, semplice e triviale. Tuttavia dietro l’apparente spontaneità si cela una grande attenzione per l’utilizzo degli strumenti della comunicazione. Per esempio per il marketing politico. È grazie a uno studio molto serio, per esempio, chela Legaè riuscita a raddoppiare i propri consensi nel 2008. L’indagine rivelava l’esigenza di portare il partito su posizioni più moderate. Come conseguenza i leghisti cominciarono a enfatizzare le tante realtà nelle quali il partito è al governo con i propri sindaci e presidenti di provincia. I toni vennero abbassati e venne proposto, accanto al solito stile ‘urlato’, anche uno più pacato, che ancora oggi caratterizza tanti esponenti del movimento, si pensi a Cota o a Zaia”.
Il risultato ottenuto da Futuro e Libertà deriva anche dal suo stile comunicativo?
“Molti fra i protagonisti principali di Fli utilizzano un linguaggio che mostra larghe concessioni al politichese, ricco di subordinate, di incisi, di distinguo. È uno stile di comunicazione ‘esoterico’, poco adatto a persuadere chi non sia naturalmente vicino alla posizione politica del partito. In questo senso la comunicazione non ha contribuito positivamente ai risultati di un soggetto politico che incontrava già difficoltà su altri fronti. Ma è uno scenario che potrebbe mutare”.
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